I.P.S.E.G. | Istituto Piemontese di Studi Economici e Giuridici
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N.15 – Trent’anni, per non dimenticare

N.15 – Trent’anni, per non dimenticare

Trent’anni
per non dimenticare

Aprile 1977

 Fulvio Croce

Aprile 2007

se è vero che il sangue dei martiri è seme dei cristiani,

è anche vero che il sangue degli uomini onesti è seme di cittadini rispettosi del Diritto e della Giustizia”

(Mauro Ronco – presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, La Pazienza n. 94 – marzo 2007)

 

Dedichiamo questa Newsletter, in occasione del 25 aprile, al ricordo di Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino, assassinato dalle Brigate Rosse il 28 aprile 1977. Una morte, quella di Fulvio Croce, che testimonia come la resistenza alla violenza, all’odio e alla stupidità non cessa mai ed è di ogni epoca.

Vogliamo però sottolineare un passo del memoriale del Dott. Guido Barbaro, presidente della Corte che processò i brigatisti, che pone un quesito rimasto senza risposta quando evidenzia come gli imputati ritennero di adottare “un mezzo processuale mai prima riscontrato e caratterizzato da tale finezza giuridica che ancora oggi non riesco ad attribuire alle loro conoscenze tecniche, se non suggerito da elementi esperti e capaci nel campo del Diritto” (cfr. La Pazienza n. 94 – marzo 2007)

e per mantenere viva una pagina della memoria…

Vi invitiamo alla presentazione del libro:

AUTORE: MASSIMO NOVELLI (giornalista di Repubblica)L’ausiliaria e il Partigiano

(Storia di Marilena Grill 1928-1945)

Casa Editrice:Spoon River – Torino

mercoledì 2 maggio 2007, ore 18.30 presso il

Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1 – Torino

 

Scelse la parte sbagliata… Fu una delle quattromila ragazze di Salò che dall’aprile 1944 aderirono al Servizio Ausiliario Femminile della RSI. Pagò con la vita a 16 anni, uccisa al Rondò della Forca con un colpo alla nuca da un manipolo di partigiani torinesi, nella notte tra il 2 e il 3 maggio 1945.

Chi ha paura di Marilena Grill? Ritorniamo a trattare quindi di questa vicenda nella speranza di poter un giorno organizzare un incontro di presentazione anche presso il Liceo D’Azeglio di Torino, istituto scolastico di cui Marilena Grill fu studentessa, affinché si possa offrire anche agli studenti di oggi la possibilità di conoscere il libro e, perché no, di commemorare questa loro compagna di scuola a cui la Storia, nel silenzio di una consapevole indifferenza, sta negando il diritto alla memoria…

Fa dunque discutere questo libro, e non – come sostiene Ettore Boffano nella presentazione – per la paventata opera di sciacallaggio che noi, biechi reazionari, sempre in cerca di pretesti per infangare la burbanza demagogica, potremo fare del lavoro di Novelli, magari appiccicandogli l’urticante etichetta di “revisionista”, quanto piuttosto per ciò che questa ricostruzione, sebbene romanzata, significa per l’ultima velleitaria primazia morale di certa sinistra piemontarda. E il Liceo D’Azeglio rappresenta, nell’epica resistenziale, il sancta sanctorum dell’ideologia azionista e giacobina, la fabbrica della vulgata antifascista, il tempio in cui sono cresciuti ed hanno insegnato una serqua di maestri di (claudicante) intransigenza morale: Mila, Pavese, Foa, Pajetta, Antonicelli, Giulio Einaudi, Leone Ginzburg, Firpo e, ovviamente, Bobbio. Insomma, il milieu della cultura democratica subalpina, come ha spiegato uno dei suoi mitici professori, Augusto Monti: “Fu una fucina di antifascisti il Massimo d’Azeglio in quegli anni, ma non per colpa o per merito di questo o quell’insegnante, ma così, per effetto dell’aria, del suolo, dell’ambiente torinese e piemontese. Quel Liceo era come una di quelle case in cui “ci si sente”, dove i successivi inquilini sono visitati nel sonno – e anche da desti – dagli spiriti e dalle anime” (I miei conti con la scuola – Einaudi, Torino – 1965).

Chissà se i suoi studenti di oggi avvertono la presenza di Marilena vagare inquieta nei corridoi e, soprattutto, se percepiscono il fantasma di quel suo compagno che l’ha venduta agli aguzzini?

 

IL LIBRO:

Il libro ricostruisce in modo scrupoloso i fatti poco chiari dell’intera vicenda e scandaglia in profondità la coltre di reticenze sotto il quale è stato occultato, per anni, il delitto. Novelli, da giornalista di razza, non tralascia alcun indizio, ripercorre i pochi fili della memoria rimasti e cocciutamente li confronta con testimonianze e documenti che è riuscito a consultare. Spunta allora la nobile figura di Alberto Polidori, comandante della 105a brigata Garibaldi che rifiutò di eseguire l’esecuzione e tentò inutilmente di salvare la vita a Marilena e alle sue quattro sventurate amiche, che rischiò di essere ucciso dai suoi stessi soldati. Riaffiora la torbida fine di un operaio 50enne, Alberto Raviola, padre di una delle disgraziate passate per le armi con Marilena, assassinato da alcuni militanti del PCI il 23 dicembre 1947 per aver tentato di dare un nome al boia della figlia. Un nome che Novelli fa senza reticenze: Pierin d’la Fisa, Pierino della Fisarmonica, al secolo Pierino Sasso, comandante della 18a brigata Garibaldi, testa calda e tra i più spietati giustizieri rossi dell’epoca.

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