Riportiamo la lettera, indirizzata a Senatori e Deputati, sul ddl Cirinnà
Onorevoli Senatori e Deputati,
Sentiamo dire da molti di voi che un’Italia veramente accogliente deve esserlo anche nei confronti dei suoi cittadini omosessuali. Lo pensiamo anche noi. Facciamo nostro l’invito di Papa Francesco a non giudicare né discriminare le persone omosessuali in quanto persone. Sosteniamo le proposte di legge che consolidano sotto forma di testo unico i diritti e i doveri che derivano da ogni convivenza in materia di visita in ospedale o in carcere, diritto all’abitazione e così via.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che non costituisce discriminazione riservare l’istituto del matrimonio e le adozioni alle sole coppie formate da un uomo e da una donna. La stessa Corte ha però sancito che, una volta introdotte unioni civili fra persone omosessuali analoghe al matrimonio, escludere l’adozione costituisce una discriminazione illecita.
Il Parlamento è chiamato a pronunciarsi sulla proposta cosiddetta Cirinnà sulle unioni civili. Come ha detto il «padre spirituale» di questa proposta, il sottosegretario Scalfarotto intervistato da «Repubblica» il 16 ottobre 2014, «l’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik».
Alcuni di voi si dichiarano favorevoli alle unioni civili, purché non includano le adozioni e non si chiamino matrimonio. Ma – premesso che il ddl Cirinnà contiene già una significativa apertura alle adozioni, con la previsione della stepchild adoption, introduce un vero e proprio «rito» simile al matrimonio per l’avvio di una unione civile e richiama per questa le norme del codice civile che valgono per il matrimonio –, una volta introdotte le unioni civili, è certo che i giudici europei – o quelli italiani prima di loro – imporranno rapidamente per tutti le adozioni in nome del principio di non discriminazione. E, come la Francia, l’Inghilterra, l’Irlanda dimostrano – e la Germania è sulla stessa strada – una volta introdotta la «stessa cosa» del matrimonio, benché sotto diverso nome, la stessa opinione pubblica non comprenderà più perché non si chiami matrimonio.
Se dunque siete contrari al matrimonio e alle adozioni, dovrete riconoscere i diritti e i doveri dei conviventi omosessuali tramite uno strumento che non usi l’espressione «unioni civili» e che non sia la «stessa cosa» del matrimonio.
Con i migliori saluti,
Massimo Introvigne – Sociologo, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica e presidente nazionale dei Comitati Sì alla famiglia
Alfredo Mantovano – Magistrato, vice-presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Marco Invernizzi – Direttore de La Roccia e conduttore di Radio Maria
Domenico Airoma – Magistrato, vice-presidente del Centro Studi Rosario Livatino
Stefano Nitoglia – Avvocato, coordinatore dei Comitati Sì alla Famiglia del Lazio
Giancarlo Cerrelli – Avvocato, vice-presidente centrale Unione Giuristi Cattolici Italiani
Gianfranco Amato – Avvocato, presidente dei Giuristi per la Vita
Ettore Gotti Tedeschi – Economista
Mario Cicala – Magistrato
Renzo Puccetti – Medico e docente di bioetica
Luigi Amicone – Direttore di Tempi