I.P.S.E.G. | Istituto Piemontese di Studi Economici e Giuridici
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N.13 – Completamente fusi

N.13 – Completamente fusi

Il progetto di fusione tra San Paolo Imi e Banca Intesa, messo a punto dai due Consigli di Amministrazione ed in attesa del placet delle rispettive assemblee degli azionisti, che sono stati informati a cose fatte (giustamente Callieri, vice-presidente dell’azionista Comnpagnia di San Paolo, ha infatti annotato “non si è mai visto che i manager si scelgano tra loro”), è al centro di appassionate analisi, resa difficile dagli immediati peana che stampa-politica-economia hanno sollevato intorno ad un’operazione che è frutto dell’anomalia del sistema bancario italiano, in cui i pochi azionisti che hanno investito denaro vero si trovano a subire la gestione di un management con precisi referenti politici (Prodi ha subito dichiarato: “è una fusione sana, sono contentissimo”) ed attento a mantenere ben stretto il bastone del comando.

Una situazione che ha consentito ad Enrico Salza, in un’intervista pubblicata da La Repubblica lo scorso 26 gennaio (“Troppa supponenza dei vertici Fiat”), di invitare quelli della FIAT a smetterla “di atteggiarsi a principi del Rinascimento……sono sempre stato convinto che Torino sia una città con troppi sudditi e pochi cittadini………non siamo un’opera pia e fortunatamente le banche non sono più aziende pubbliche…” dimenticandosi però che si trova “banchiere” dopo essere stato messo lì, per parafrasare il suo pensiero, “fortunatamente (per lui) quando le banche erano ancora aziende pubbliche”.

Alla fine, chi ci guadagna? Senza dubbio i manager (che mantengono emolumenti sontuosi, anche da milioni di euro) che si sono inventati un organo di gestione ed uno di controllo, in modo che tutti –sia quelli del San Paolo che quelli di Intesa- abbiano una buona e redditizia poltrona.

Però –affermano Iozzo e Salza, che tentano ora ciò che non era loro riuscito con Dexia- la fusione privilegia Torino che infatti mantiene la sede legale e vedrà costruire il grattacielo direzionale (anzi forse due, dice –a La Stampa- Iozzo: …. ma perché non tre?). Però a Torino ricordiamo bene la vicenda della Cassa di Risparmio, delle garanzie che erano state date e dell’esito infausto per la città, la regione ed i dipendenti; soprattutto l’Amministratore Delegato dopo la fusione sarà Passera di Banca Intesa ed a Milano traslocherà tutto il Corporate, con buona pace degli imprenditori piemontesi: chi vuol leggere sa quindi molto bene chi ci guadagna e chi comanderà.

L’operazione in sé è positiva, anche se rappresenta –con buona pace dell’era Draghi- l’attuazione del progetto di Fazio di rinforzo del sistema bancario dal di dentro, tenendo fuori gli stranieri, ma paga lo scotto di dover soddisfare insieme troppi interessi con disattenzione per il progetto industriale che, quando sarà realmente a regime, rischia di essere un bagno di sangue per Torino e per il Piemonte.

Presentando il progetto di fusione si è infatti preventivato un utile di 7 milardi di euro nei prossimi tre anni, in parte attraverso quelle che in buon italiano si dicono sinergie, meglio conosciute –dai dipendenti e dai clienti che ricevono servizi sempre più scadenti- come tagli: si parla di 15.000 esuberi e almeno 360 sportelli da chiudere ed è facilmente intuibile dove taglierà Passera, anche se ha fatto contenta la Bresso assicurandola che “Torino non sarà mai cancellata da Milano”…Lecito domandarsi se si riferisse alla carta geografica.

Stranamente, mentre a Torino i manager del San Paolo e La Stampa fanno di tutto per convincere i torinesi che “la superbanca è sbilanciata su Torino”, nulla di speculare capita a Milano dove nessuno si lamenta dell’eccesso di peso di Torino, forse perché hanno la bilancia in mano. In effetti già il concambio di 3,115 azioni Intesa per ogni azione San Paolo, frutto di una complicatissima valutazione industriale sintetizzata nella divisione del valore dell’azione San Paolo per quello dell’azione Intesa, lascia perplessi e molti soci del San Paolo lamentano una sottovalutazione della loro banca: è da vedere cosa deciderà la Compagnia di San Paolo, che si affiderà ad un advisor e non abbiamo dubbi che questi sia attrezzato per fare la stessa divisioncina fatta dagli advisor delle due banche (Citigroup e Merril Lynch). Certo è che l’Avvocato Franzo Grande Stevens, Presidente della Compagnia di San Paolo, si è distinto per prudenza, anzi per assoluto mutismo sull’argomento. Va però detto che Salza e Iozzo hanno una grande capacità di influenza, se si pensa che il San Paolo ha affidato incarichi di consulenza nello scorso esercizio per oltre 150 milioni di euro, più recentemente anche per l’affaire Eurizon, mentre anche Modiano –pur in origine contrario all’operazione- ora non può che supportarla ed in tal senso ha istruito il top-management, magari corroborando il tutto con adeguate garanzie per le loro posizioni.

QUINDI:

Un consiglio ai politici piemontesi: non fate la figura di ingenui e poco attrezzati che hanno fatto i vostri predecessori con l’operazione CRT, puntate i piedi ed ottenete GARANZIE SERIE sul rispetto degli interessi di Torino e del Piemonte, trascurate per un attimo le esigenza di vetrina e guardate la sostanza degli interessi dei vostri elettori, non solo nell’immediato ma nella futura prospettiva di sviluppo del territorio.

Un consiglio agli amministratori della Compagnia: ricordatevi che rappresentate una realtà frutto del contributo secolare di torinesi e piemontesi, non disperdetene quindi il patrimonio, ricordate che i matrimoni funzionano se fatti con pari dignità, considerate i rischi di valorizzazione nel passare da una posizione di maggioranza ad una di minoranza, non dimenticate che negli ultimi dodici mesi il titolo San Paolo si è apprezzato del 40% contro il 25% del titolo Banca Intesa a conferma della migliore salute che il mercato ha riconosciuto all’Istituto torinese, date quindi un mandato preciso al C.d.A. affinchè la fusione sia condizionata ad un concambio serio ed a precisi patti sulla governance, sull’occupazione e sulla permanenza a Torino di settori strategici, patti scritti e definitivi.

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